WhatsApp, da oggi è vietato mandare troppi messaggi anche ad amici e parenti | Rischi fino a 516€ di multa

Chat e pericoli (Depositphotos foto) - www.insolenzadir2d2.it

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Inviare troppi messaggi, in questi casi, può diventare reato: ora la legge considera anche frequenza e insistenza.

Inviare un messaggio è diventato un gesto quasi automatico. Con lo smartphone sempre in mano, in pochi secondi possiamo raggiungere chiunque, in qualsiasi luogo. Non ci fermiamo a pensare: scriviamo, mandiamo vocali, foto o note come se fosse naturale, senza riflettere davvero su come verranno accolti.

Eppure, dietro ogni notifica c’è sempre una persona. Quello che per noi è un semplice messaggio, per l’altro può trasformarsi in un’invasione o in qualcosa di più pesante. Oggi si comunica in maniera frenetica: risposte istantanee, messaggi continui, vocali interminabili… la velocità ha preso il posto della consapevolezza.

In un contesto tanto rapido, esistono comunque dei confini da non oltrepassare. La quantità e la frequenza dei messaggi possono modificare completamente il senso di una conversazione, trasformandola da dialogo a qualcosa di ben diverso.

Siamo così abituati a scrivere e parlare con chiunque in ogni momento, che spesso dimentichiamo un dettaglio fondamentale: anche il silenzio ha un suo valore. WhatsApp, Telegram, Messenger… strumenti potenti, ma non sempre così “innocenti” come sembrano.

La legge guarda ai messaggi

È fin troppo facile perdere la misura. E la legge, oggi, considera questa abitudine con molta più attenzione rispetto al passato. Quando i messaggi arrivano uno dopo l’altro come raffiche, può bastare il numero per oltrepassare il limite.

Un episodio recente lo dimostra chiaramente. Nel 2025, non conta soltanto “cosa” si scrive, ma anche “come” e “quanto spesso” lo si fa. Se il telefono viene usato come uno strumento di pressione, la legge ha il dovere di intervenire.

Ragazza triste con smartphone (Depositphotos foto) - www.insolenzadir2d2.it
Ragazza triste con smartphone (Depositphotos foto) – www.insolenzadir2d2.it

Quando la chat diventa una pressione reale

Tutto è partito da un episodio del 2025, riportato da Brocardi.it: un banale litigio familiare si è trasformato in un caso giudiziario. Sullo sfondo, una casa estiva condivisa e un accordo infranto sulla turnazione. La reazione? Una settantina di messaggi vocali inviati alla cognata in appena mezz’ora. Non è un errore: 70 messaggi. Il Tribunale di Torre Annunziata, con la sentenza n. 385 del 3 marzo, ha stabilito che quel comportamento integrava il reato di molestie (art. 660 c.p., che prevede un’ammenda di 516 euro). Il contenuto dei vocali? Non aveva importanza.

Non servivano offese o minacce: era l’insistenza a fare la differenza. Quella che in termini tecnici viene definita “petulanza”. Ogni notifica diventava un peso psicologico, un colpo dopo l’altro. La decisione dei giudici è stata netta: inondare qualcuno di messaggi può trascinarti in tribunale, anche se si tratta di un familiare. In questo caso, la donna è stata condannata proprio per l’eccesso, mentre la cognata, sentendosi bersagliata e disturbata, ha scelto di sporgere denuncia.