Ultim’ora, si ferma la più grande azienda in Italia: centinaia di dipendenti mandati a casa | Comunicazione improvvisa in queste ore

Uomo perde il lavoro (Depositphotos foto) - www.insolenzadir2d2.it

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La situazione in uno storico stabilimento italiano scatena preoccupazione: tagli, incertezze e uno stop produttivo che fa discutere.

Negli ultimi tempi sembra che niente sia davvero sicuro. Le grandi aziende, quelle che fino a poco fa venivano considerate pilastri incrollabili del sistema industriale, iniziano a mostrare crepe sempre più evidenti.

In mezzo a mercati che cambiano velocemente e pressioni economiche sempre più pesanti, anche i giganti iniziano a tentennare. E quando questo succede, a farne le spese non sono solo i numeri, ma soprattutto le persone, quelle che ogni giorno mandano avanti la macchina produttiva.

Ci sono luoghi, in Italia, dove il lavoro è ancora tutto. Dove lo stabilimento rappresenta molto più di un posto dove timbrare il cartellino. È storia, comunità, una sorta di identità collettiva. Eppure, anche lì, qualcosa sembra essersi incrinato.

Tagli improvvisi, turni ridotti, macchinari spenti troppo spesso. Tutto lascia presagire che c’è sotto qualcosa di grosso. O di difficile da gestire. E non è solo una sensazione, purtroppo. Le sigle sindacali parlano, chiedono risposte, rilanciano.

Un silenzio preoccupante

Ma dall’altra parte — cioè dall’alto — le risposte non arrivano o sono vaghe. Anzi, più passa il tempo e più aumenta l’incertezza. Si va avanti a tentoni, cercando di capire da piccoli segnali cosa succederà. Ma intanto il tempo scorre e con esso anche la pazienza di chi, ogni giorno, entra in reparto con il fiato sospeso.

E poi c’è tutto il resto. C’è chi se ne va, chi resta sperando che le cose si sistemino, e chi invece inizia a fare i conti con scenari sempre più cupi. È un effetto domino. Quando si rompe un equilibrio così delicato, non è solo un’azienda a entrare in crisi: è l’intero tessuto di una città, a volte di un’intera valle. E infatti, nelle ultime ore, si è diffusa una notizia che ha acceso un campanello d’allarme forte e chiaro.

Lavoro (Pixabay foto) - www.insolenzadir2d2.it
Lavoro (Pixabay foto) – www.insolenzadir2d2.it

Tensione alle stelle

Come riporta Il Resto del Carlino, la situazione dentro lo stabilimento Beko di Melano-Marischio sta diventando seria. Serissima. Il calo della produzione non accenna a fermarsi e, già dalla prossima settimana, resteranno attive solo due linee di montaggio. Poi, dal 22 settembre, scatterà la cassa integrazione verticale, con uno stop totale delle attività produttive. Tutto fermo. Di nuovo. I sindacati, in particolare la Fiom-Cgil, sono parecchio preoccupati. Hanno fatto diverse domande all’azienda, soprattutto riguardo a questa continua discesa dei volumi, ma niente: zero risposte concrete. E intanto il famoso piano industriale, quello firmato ad aprile insieme al Ministero e alle altre parti in causa, resta quasi tutto in stand-by. Le uniche cose partite? Gli ammortizzatori sociali per alcuni lavoratori — circa 80 persone — e gli incentivi per chi decide di lasciare.

Finora, sono già una trentina quelli che hanno deciso di andarsene, tra operai e impiegati. Alcuni hanno accettato gli incentivi fino a 90 mila euro, ma la parte più dura da digerire è che quei posti non torneranno più. Non verranno rimpiazzati. E tra questi, ci sono anche profili molto qualificati, soprattutto nel settore Ricerca e Sviluppo, che ora rischia di scomparire del tutto da Fabriano. In più, ci sono altri 45 lavoratori in cassa a zero ore. Gente che, per ora, è sospesa. Non lavora, non sa quando — o se — tornerà a farlo. I progetti a cui erano assegnati sono stati messi da parte o cancellati, e intanto il territorio perde competenze, valore, prospettive. I sindacati continuano a chiedere un nuovo incontro al Ministero, ma nel frattempo, il rischio è che la situazione degeneri. E diventi definitiva.