Troppo stress in ufficio, scatta la condanna per l’azienda | Ora l’hanno messo nero su bianco
Stress e soldi (Depositphotos foto) - www.insolenzadir2d2.it
Lo stress cronico sul lavoro non è più tollerato: in questi casi conseguenze pesanti alle aziende e ai datori.
Giornate infinite, telefonate senza tregua, riunioni su riunioni… il lavoro d’ufficio oggi non è certo una passeggiata. Anzi, per molti è diventato un autentico concentrato di tensioni e malesseri, spesso sottovalutati. Eppure, quando lo stress supera una certa soglia, non è più solo una questione di “sopportazione”: può diventare qualcosa di molto più serio.
La salute mentale e fisica dei lavoratori, oggi più che mai, è un tema che non si può più trattare con leggerezza. Le aziende che ignorano il clima tossico all’interno dei loro team, o che spingono i dipendenti oltre i limiti per raggiungere obiettivi irrealizzabili, rischiano di trovarsi in situazioni molto scomode. Non basta più qualche corso motivazionale o un tavolo da ping pong in sala relax…
Il fatto è che i tribunali italiani stanno cominciando a cambiare approccio. Se prima lo stress era visto quasi come un “male necessario” del lavoro, ora viene preso in considerazione come un vero fattore di rischio. E questo cambiamento, già in atto da un po’, sta portando a sentenze che mettono un bel po’ di pressione anche sulle aziende.
E no, non si parla solo di produttività o benessere aziendale. Qui si entra in un territorio più profondo, dove si toccano diritti, tutele e responsabilità. Lavorare non dovrebbe mai significare mettere a rischio la propria salute. E se accade, qualcosa non va… anzi, qualcuno deve risponderne.
Quando il posto di lavoro diventa pericoloso
E infatti, è proprio quello che è successo in un caso recente finito davanti alla Corte di Cassazione. Come riportato da Brocardi.it, il tribunale si è trovato ad affrontare la vicenda di un medico — purtroppo deceduto — la cui famiglia ha attribuito l’infarto letale a condizioni di lavoro a dir poco… massacranti.
I giudici della Suprema Corte, con l’ordinanza n. 26923 del 7 ottobre 2025, hanno messo nero su bianco un principio pesante: una volta dimostrato che esiste un legame tra lo stress lavorativo e il danno alla salute, spetta all’azienda provare di aver fatto tutto il possibile per evitarlo. Non il contrario. Questo significa che il datore di lavoro non può più lavarsene le mani, sperando che siano i familiari a dover dimostrare ogni dettaglio.
La sentenza che cambia il gioco
Nel caso del medico, la Corte ha fatto notare che il tribunale precedente aveva ignorato elementi fondamentali. Tipo l’assenza di malattie pregresse e, soprattutto, i turni documentati come eccessivi e logoranti. Secondo i giudici, questo avrebbe dovuto far scattare subito un approfondimento sulla condotta del datore di lavoro.
Ma non è tutto. Questa sentenza segue un’altra, uscita nell’agosto 2023, che aveva già fatto parecchio rumore: si trattava di un autista d’autobus colpito da infarto dopo anni di lavoro al limite. Anche lì, i giudici avevano riconosciuto non solo il danno fisico ma anche quello morale, legato alla sofferenza psicologica vissuta dal lavoratore. Oggi, quel principio viene rafforzato: proteggere i dipendenti non è più solo una formalità, è un dovere concreto.