Buoni pasto, se pensi di pagare la spesa coi ticket ti sbagli, da settembre non li prendono più | La nuova legge ti frega i soldi
Pagare con i ticket buoni pasto (Depositphotos foto) - www.insolenzadir2d2.it
Buoni pasto, da settembre sono entrate in vigore regole nuove che rischiano di cambiare abitudini e spese quotidiane.
Ti sarà capitato mille volte: arrivi alla cassa del supermercato, tiri fuori i tuoi buoni pasto e pensi “ok, la spesa è coperta”. È diventato quasi un riflesso, una sicurezza su cui contare. E invece — sorpresa — questa certezza potrebbe svanire, lasciando più di qualcuno con il conto da pagare e il ticket in mano che non vale nulla lì.
I buoni pasto, in fondo, sono molto più che un semplice pezzo di carta (o una card digitale): sono un pezzo importante del portafoglio di tanti lavoratori. Permettono di alleggerire il carrello e di non intaccare troppo lo stipendio. Insomma, per molte famiglie rappresentano una piccola ancora di salvezza.
Il problema è che, mentre tutti li considerano ormai parte della quotidianità, dietro le quinte c’è sempre stato chi si lamentava. Parliamo dei negozianti, che devono pagare commissioni salate per accettarli, e delle società che li emettono, che di quelle commissioni vivono. Un equilibrio traballante, che adesso sta per cambiare.
Quella sicurezza del “tranquillo, tanto pago coi buoni” non sarà più così ovvia. Anzi, rischia di diventare un percorso pieno di no e cartelli appesi fuori dai supermercati. Settembre porta un giro di vite, e chi era convinto che i ticket si usassero dappertutto dovrà fare i conti con una realtà diversa.
Nuove regole, vecchie ansie
Dal 1° settembre 2025 è scattato un limite che molti aspettavano: le commissioni sui buoni pasto non potranno superare il 5% del valore. Finora, infatti, i negozianti erano spesso costretti a versare anche l’11%, in certi casi addirittura il 20%, alle società che emettono i ticket. Significa che, su dieci euro incassati, due finivano subito in commissioni. Con la nuova legge, invece, questo salasso viene ridimensionato e — almeno sulla carta — dovrebbe far tirare un sospiro di sollievo a bar, ristoranti e supermercati.
Per i lavoratori, invece, non cambia nulla: il buono resta lo stesso, con un valore medio di 6,75 euro e un tetto massimo di 8 euro esentasse se digitale. Non ci sarà alcuna variazione nelle modalità d’uso. Il punto delicato è che, anche se i ticket valgono sempre uguale, gli equilibri economici tra aziende e negozianti non sono più gli stessi. E qui si apre il vero nodo della questione.
E per chi fa la spesa cosa succede davvero
Le società che emettono buoni pasto incasseranno meno, visto che non potranno più applicare commissioni elevate. Per recuperare i mancati introiti, è molto probabile che aumentino i prezzi dei pacchetti venduti alle aziende, cioè a chi fornisce i buoni ai propri dipendenti. L’associazione Anseb ha già avvertito: ci sarà un “aggravio dei costi per le imprese”. Le conseguenze potrebbero essere pesanti. Se un’azienda spende di più per comprare i ticket, potrebbe decidere di tagliare su altre voci del welfare aziendale, o addirittura ridurre direttamente il valore dei buoni distribuiti. Una previsione non campata in aria, ma messa nero su bianco da Anseb.
E non è tutto. I buoni pasto emessi con vecchie regole (quelli con commissioni oltre il 5%) resteranno validi solo fino al 31 dicembre 2025, dopodiché diventeranno inutilizzabili. Questo dettaglio rischia di creare confusione tra chi li possiede e tra gli stessi esercenti. Fanpage.it sottolinea anche un altro aspetto cruciale: molti supermercati e negozi potrebbero decidere di non accettarli più, riducendo drasticamente i posti in cui spenderli. Una prospettiva che per milioni di italiani, abituati a saldare la spesa con i ticket, rappresenta una vera rivoluzione.