“Le faremo sapere…”, se ti laurei nella peggiore Università d’Italia questa è la risposta che sentirai sempre | Non assumono nessuno uscito da lì

Colloquio di lavoro fallito (Depositphotos foto) - www.insolenzadir2d2.it

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Se esci dall’università peggiore d’Italia, i colloqui di lavoro sono in salita nella maggior parte dei casi.

Studiare in Italia non è solo una questione di libri e lezioni: significa anche muoversi dentro un sistema enorme, pieno di differenze e contraddizioni. Ogni anno migliaia di ragazzi si ritrovano davanti a una scelta che sembra banale ma non lo è: quale ateneo scegliere?

Non conta solo il corso di laurea, ma anche il “peso” del nome dell’università. In certi casi, anzi, la reputazione dell’ateneo finisce per essere decisiva quasi quanto la preparazione dello studente. Molti genitori e studenti, prima di iscriversi, passano ore a scorrere classifiche, guide, tabelle.

L’idea è semplice: se un’università ottiene un voto alto, il titolo avrà più valore. Se invece l’ateneo viene giudicato male… beh, il rischio è che il pezzo di carta perda forza ancora prima di essere consegnato. È un meccanismo crudele, che spacca il Paese in università di “serie A” e in quelle che arrancano.

Poi c’è la questione del lavoro. Le aziende non guardano solo al candidato, ma anche a dove si è laureato. E non sempre in modo oggettivo. A volte basta avere sul curriculum il nome di un’università considerata “prestigiosa” per spalancare porte.

Una situazione triste

Mentre chi ha studiato altrove si vede subito messo in secondo piano. In pratica, un logo sul diploma può contare più delle capacità reali. Il problema è che questa spirale non si ferma: gli atenei che non brillano attirano meno iscritti.

E soprattutto perdono risorse e finiscono per consolidare la loro fama. Alla lunga, chi si laurea lì si trova in una posizione scomoda. Molti raccontano di sentirsi dire sempre la stessa frase, quel gelido “Le faremo sapere” che in realtà significa: “grazie, ma non sei quello che cerchiamo”.

Studente universitario (Pixabay foto) - www.insolenzadir2d2.it
Studente universitario (Pixabay foto) – www.insolenzadir2d2.it

Dietro le classifiche che decidono tutto

Ogni anno il Censis tira fuori la sua indagine, che è ormai diventata una sorta di rito. Non è solo una lista con i nomi in ordine, ma una vera e propria fotografia del sistema universitario. Si guarda di tutto: infrastrutture, servizi agli studenti, borse di studio, contatti con l’estero, qualità della comunicazione e, forse il più importante, il tasso di occupazione post-laurea. Il report del 2025, riportato da lentepubblica.it, conferma quello che già si sapeva: c’è una distanza enorme tra gli atenei che funzionano e quelli che restano indietro. Padova e Milano svettano in cima, mentre altre realtà arrancano.

E spesso le classifiche non restano solo sulla carta: influenzano la vita degli studenti e, soprattutto, il modo in cui vengono percepiti sul mercato del lavoro. A chiudere la classifica c’è l’Università del Molise. Nonostante qualche punteggio discreto in certi indicatori, il quadro generale rimane deludente. Ma, nonostante il divario, gli studenti non devono comunque demordere e puntare i loro obiettivi lavorativi.